sabato 19 maggio 2012

Visione. "I geni non devono morire"

E poi, contrariato, scelgo la strofa:
Cerbero all'ingresso, notturno terrore,
son lame suoi denti che fanno spaventar le genti.
Feroce bosco di punte a lui arredato
dalla crudel natura e dall'antico mondo richieste.

A tutti accoglie come fardelli
nel magazzino del fruttarolo, la Morte.

"Persi siamo tutti, se mi domandi
nei cespugli delle fiammelle".

Medita il tombarolo che la calce fa cadere
sopra l'inerte corpo.

Vedo rivolto dietro alle fosse
il piccolino genio di Mozart.
Ciascuno diffenda al gran maestro,
che prima di scrivere tutto ragiona!

Che meraviglia! Grida un defunto,
quando alla riva presentasi il genio.
Sorride incluso il vecchio soldato
guida dell'Acheronte
che a li spariti, penosi, agravati, serve la sua dote.

Una montagna di ammiratori
scendono a terra a salutare
colui che col suo Requiem, inno dei morti
ha volto le faccie a tante anime perse.

Dopo si vede la barca ed il barchiere:
cupo è il suo viso, ardenti gli occhi.

Visione nefasta.

Quali parole, accese di fuoco, volano all'aria,
sporca di cenere, capaci di far tremar ai viziati
figli di Ulisse, il re dei bugiardi?

Domanda il giovanotto.

Ma la risposta si avvicina splendida:

Sono Lucia, sì mi riccordi?
Io ho salvato il poeta italiano
che alle nuvole ha portato il genere
della lingua latina dei poveri.

E lui, assorto, rispose, e come pioggia
le parole son così lontane dai miei sensi,
che non riesco ad udire nessuna.

Ma da lontano la testa le vide
com'inondata di stelle cadenti.
I suoi capelli raggi inmortali:
Viso di tutte le cose felici
che di bambino, innocente ancora
la pace di Dio da mangiar mi
fece, dicendo: "il cielo a miei figli".

A Colui che è prima del tempo
mi rivolgo in parole, scappate dalla violenzia:

"E te, Re delle Porte, com'è stato possibile
al tornar del viaggio un ladro mi tolga
per due soldi sporchi, il fior della vita?"

Inseguito ho riparato in Amadeus e Lucia,
santa pien d'oro nel suo schiarire di voci.
Segnalando al genio, feci volar quest'altre parole:

E come Paura, fantasma infernale, non ha fermato
i membri della Morte gelida, l'ago del suo spirito,
davanti alla forza delle sue note?

Senza guardarmi quel mostro Caronte comun chiamato,
fiero ci prende e ci fa salir sulla barca.

Tutto diventa fumo, che con ira vorace e morso,
come a pasto mangia i fiori siderali.

Quel ragazzuolo nella lontana fatica
senza il mistico pianto, senza modi,
un sorriso fa brillar in faccia, e cresce,
e meno dolore spinse.

"O padron, o padron, o padron son tutti morti!"

Il barchiere sdegna l'anima che Minos,
sperto in peccati avrebbe chissà abbracciata
riconoscendo il genio, e la mano grandiosa
del musiscista.

Nel infeno esiste l'ignoranza.

Che terribile spanto! Che profondo pianto!
Saper sepolto Mozart nella fossa comune!

L'angiolo presente tali parole spara:

"Non fa Natura, non fa la Morte, alla fine dei giorni,
non fa distinzioni dei grandi, non rispeta
i doni sopra menti e sopra mani.

A tutti vi prende".